Iva Berasi - articoli, lettere e interviste dalla stampa | |||||
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Trento, 11 maggio 2002 La Giunta provinciale ha adottato nei giorni scorsi il piano rifiuti. Sono sorte, com’era prevedibile, discussioni ed anche qualche polemica. Credo sia giusto fornire, serenamente, una informazione corretta sulla situazione affinché la discussione iniziata con qualche nervosismo possa proseguire quantomeno con cognizione di causa. Sembra improvvisamente che in Trentino sia scoppiata l’emergenza rifiuti. Non è così e semmai è vero il contrario. Il piano adottato dalla Giunta provinciale eviterà al Trentino, fra quattro/cinque anni, quando le attuali discariche saranno esaurite, di trovarsi davvero in una situazione drammatica, molto simile a quella che abbiamo visto sui teleschermi e descritta sui giornali un anno fa in Campania. Per comprendere la situazione occorre fare un passo indietro. Vorrei farlo pacatamente, ma credo sia indispensabile mettere qualche puntino sugli “i”.. Mi pare, ad esempio, del tutto inaccettabile politicamente che il collega Andreotti, per cinque anni – dal 1994 al 1999 - alla guida della Giunta provinciale, con altri colleghi che ne hanno fatto parte o le hanno sostenute, chiedano una conferenza di informazione sui rifiuti, fingendo di ignorare quale sia la situazione e, soprattutto, cosa quelle Amministrazioni ci abbia lasciato in eredità. Nessuna difficoltà, sia chiaro, a fornire i dati richiesti: ci mancherebbe; ma non sono disponibile ad assumermi responsabilità altrui. I Verdi sono al governo in Provincia solo da tre anni e mezzo; per tale ragione respingo i rozzi tentativi di attribuire anche a loro la responsabilità per i molti errori compiuti nei decenni precedenti.. Noi siamo stati l’unica forza politica che, dagli anni ’80, abbiamo avvertito tutti che senza una seria politica di differenziazione dei rifiuti non ci sarebbe stata alternativa alcuna ad un mega-inceneritore. Non gioisco per la scelta che oggi, nostro malgrado siamo costretti ad avallare. Va riconosciuto, tuttavia, che sia pure tardivamente oggi siamo ascoltati per quanto riguarda la raccolta differenziata; nessuno è più disposto a rinunciarvi e si è evitato di riproporre 20 anni dopo una scelta sbagliata sia negli anni ’80 che ora: l’incenerimento del rifiuto tal quale. Nel febbraio del 1999, quando ho assunto l’incarico di assessore all’ambiente, la politica dei rifiuti consisteva nel loro conferimento e stoccaggio in discarica. Per fronteggiare il progressivo e prevedibile esaurimento delle discariche da tempo era stata prevista una nuova discarica a Capriana, discarica che la popolazione della Val di Cembra non voleva e che l’attuale Giunta ha cancellato dal Piano rifiuti. La raccolta differenziata era al 6%, pressoché affidata a persone di buona volontà, mancava un quadro conoscitivo generale del problema rifiuti e non era stata tracciata una direzione di marcia verso cui procedere. La raccolta dei rifiuti affidata a 16 gestori, ciascuno che si arrabattava a fare ciò che poteva. Una legge provinciale approvata agli inizi degli anni 90, con tante buone intenzioni, ma pressoché inapplicata. Ai ritmi di conferimento del 1999 – di poco inferiori a quelli di oggi – le discariche esistenti sul territorio provinciale si sarebbero esaurite completamente entro il 2007 (qualcuna prima, qualcuna dopo). Esaurite le discariche nessuno avrebbe saputo dove mettere i rifiuti. Questo era il quadro nel 1999. Da qui siamo partiti intervenendo su vari livelli. In primo luogo abbiamo cercato di avere dei dati di sistema. Nessuno programma o gestisce nulla senza un quadro conoscitivo preciso. E’ perfino banale, ma nel 1999 non esisteva un quadro provinciale preciso sulla situazione dei rifiuti, non tanto nella loro entità complessiva, quanto nella loro composizione: quanta parte di secco, quanta di umido, quanta di inerti, quanto di speciali, e via elencando. Questo oggi lo sappiamo con precisione. Mettere assieme dati ufficiali recuperati presso 16 gestori diversi, renderli omogenei e confrontabili ci è costato molto lavoro. Ma proprio la conoscenza precisa del fenomeno fa sì che le proposte di gestione che abbiamo inserito nel piano non siano basate solo sulle buone intenzioni. Mentre facevamo questo – e ci sono voluti oltre due anni per raccogliere e sistemare tutti i dati – abbiamo impresso una accelerazione alla raccolta differenziata, raddoppiandone il quantitativa rispetto al 1998. Oggi siamo al 16%. Un dato che richiede una spiegazione, per non apparire insignificante. Quando parlo di “differenziato” non intendo niente altro che non sia effettivamente avviato alle filiere che ne consentano il riutilizzo. Per questa ragione non considerriamo “raccolta differenziata” – ai fini statistici – l’umido che viene separato e compostato a livello domestico (in costante crescita). Quello è rifiuto non prodotto perché il cittadino lo gestisce direttamente in modo corretto e non crea alcun problema di smaltimento per l’ente gestore della raccolta. Così come non consideriamo raccolta differenziata il prodotto della spazzatura delle strade (sabbia, ecc.) che finisce in discarica per inerti o in parte viene riutilizzata e nemmeno i fanghi dei depuratori che in parte sono compostati. Per raccolta differenziata noi consideriamo solo ciò che effettivamente viene inserito nelle filiere di riciclaggio. Non ci siamo fermati qui. Sul piano dell’organizzazione generale del sistema stiamo lavorando per una razionalizzazione della raccolta, oggi articolata su sedici gestori. Sono troppi, ma purtroppo avremo le mani legate fino a quando il Consiglio, approvando la legge di riforma istituzionale – che la Giunta ha presentato da molti mesi, ma che è bloccata in Commissione – non ci consentirà di definire ambiti di raccolta ottimali. L’efficienza della raccolta non è questione da poco. Fino a quando la Provincia copre a piè di lista il deficit dei gestori nessuno si accorge di nulla, ma quando prima o poi entrerà in vigore la normativa nazionale che obbliga il cittadino a sostenere i costi dello smaltimento dei rifiuti in toto, allora scoppierà il problema. Salvo proroghe, ciò potrebbe accadere entro l’anno corrente. Chi sarà servito da un gestore efficiente pagherà meno di chi avrà a che fare con un gestore che non sa far quadrare i conti o non è messo in condizione di farlo perché il bacino di utenza è troppo limitato. Sarebbe ragionevole – ma in larga parte non dipende dalla Giunta provinciale – che i costi di raccolta e gestione si uniformassero su tutto il territorio, prima che la nuova legge entri definitivamente in vigore. Non ci siamo limitati a questo. Abbiamo previsto la realizzazione in ogni comune dei Centri raccolta materiale (CRM) mettendo a disposizione risorse per 27 miliardi. Occorre che i Comuni li facciano: oggi fra realizzati, progettati e finanziati siamo a circa 70. Abbiamo previsto un centro di raccolta di zona (CRZ) per ogni Comprensorio (nel 1998 ne era stato realizzato solo uno). Abbiamo complessivamente previsto nel piano per la raccolta differenziata una cifra compresa fra 60 e 111 miliardi (in relazione agli effettivi progetti realizzati). Non potendo direttamente incidere sulla gestione della raccolta abbiamo operato con un tipico strumento di programmazione, fissando soglie obbligatorie da raggiungere nella raccolta differenziata (25% reale nel 2002, e 35% nel 2003, come prevede il Decreto Ronchi, generalmente considerata una buona legge) ed incentivato obiettivi di qualità (il 50% nel 2007). E’ partito il piano provinciale per gli inerti ed altri interventi settoriali, come l’accordo di questi giorni con le Associazioni dei contadini e la Federazione delle Cooperative per la raccolta differenziata degli imballaggi degli anticrittogamici, si stanno concretizzando. E potrei fare altri esempi, come la previsione di 60000 nuovi composter familiari, che coinvolgono circo la metà della popolazione. I composter consentiranno di ridurre la frazione umida domestica. La loro messa in funzione avverrà attraverso l’impegno di Comuni e gestori, in particolare per le utenze che dispongono di orti e giardini, mentre per tutte le altre l’umido dovrà essere raccolto col sistema del “porta a porta”. La Giunta provinciale stimolerà tutto ciò con incentivi e sanzioni per chi non rispetta gli obiettivi programmati. Nei giorni scorsi qualcuno ha fatto rilevare che siamo in ritardo nel settore del compostaggio. E’ vero, ma occorre fare chiarezza anche qui sulle responsabilità. E lo faccio soprattutto perché è proprio da qualche amministratore non del tutto esente da responsabilità che sono partite le critiche alla Giunta provinciale. Nel 1999 la Giunta aveva previsto due centri di compostaggio, ciascuno da 30.000 ton/anno. Uno a Rovereto, la Fertilia; il secondo a Mezzocorona, da realizzare in una struttura di proprietà Tecnofin. Avremmo coperto pressoché interamante tutte le nostre esigenza di compostaggio. Ebbene entrambi sono falliti: il primo perché alcuni gestori della raccolta del Trentino occidentale non intendeva conferire la frazione organica a Fertilia e quindi veniva meno un bacino di utenza che consentisse all’impresa di sopravvivere, il secondo per una presa di posizione dell’amministrazione comunale di Mezzocorona (centro-destra) ben felice che il centro di compostaggio lo facesse Trento, che si era pure candidato a farlo, ma che, per ragioni di tipo urbanistico emerse successivamente, non era in grado di realizzarlo. Per completare il quadro Trento ha previsto un centro di compostaggio per 10.000 ton/anno, della cui realizzazione non si parla pià! Siamo corsi ai ripari realizzando il centro di Castelfondo per il letame (ma che può trattare anche l’organico della Val di Non), finanziando il centro di Monclassico e modificando la norma per consentire ai privati di fare centri di compostaggio (è il caso di Levico), semplificando drasticamente le procedure burocratiche; infine è prevista la possibilità di effettuare il compostaggio anche a livello di aziende agricole. Le discariche verranno inoltre dotate di un vagliatore per separare il secco dall’umido, recuperando ciò che è compostabile e collocandolo in discarica pressoché inertizzato, riducendo il volume ed eliminando il percolato, metodo già sperimentato con successo sulla discarica di Zuclo. In accordo con il “Tavolo delle autonomie”, operando attraverso i trasferimenti finanziare previsti dalla legge sulla finanza locale, verranno erogati fondi ai comuni per incentivare i centri di compostaggio comunali e/o comprensoriali. Queste sono alcune macroscopiche incongruenze derivanti dalla frammentazione delle competenze nella gestione dei rifiuti, su cui si innestano le piccole rivalità di campanile. Potrei aggiungere l’esempio di Taio dove esistono tre biocelle non utilizzate perché un comune vicino pretende di essere indennizzato per il presunto odore che emanerebbero se entrassero in funzione. Il risultato è che la materia compostabile della Val di Non finisce fuori provincia. Ho fatto questi esempi, ben sapendo che qualcuno protesterà, ma mi pare utile che i cittadini siano informati. Noi oggi non siamo ancora all’emergenza. Nessuno inciampa nei rifiuti, girando per il Trentino. Altrove sì. Tuttavia sarebbe da irresponsabili non prendere coscienza che di campanilismi si può morire. Vedo che qualcuno in giro si abbarbica alla propria discarica pensando di poterla far durare all’infinito. Sbaglia. Fra alcuni anni le discariche saranno esaurite. Per quella data o avremo risolto il problema o saranno guai per tutti. Di ciò la Giunta provinciale è consapevole e non intende stare con le mani in mano. E vengo infine all’ultima questione: il termodemolitore. Vorrei anzitutto chiarire che io non sono mai stata una persona entusiasta dell’incenerimento dei rifiuti. Penso che almeno il 50% e forse anche di più di ciò che noi consideriamo oggi rifiuto possa in realtà rappresentare una risorsa recuperabile e di ciò ho convinto anche i colleghi di Giunta. La Giunta provinciale ha posto il principio di chiudere il ciclo dei rifiuti sul nostro territorio provinciale, quasi fossimo una navicella da cui non si scarica nulla. Un principio condiviso anche dall’ex ministro Edo Ronchi, promotore della attuale legislazione nazionale sui rifiuti, a Trento in questi giorni per un convegno. La Giunta ha optato per il termodemolitore, costruito e gestito in modo da offrire la massima sicurezza (e ciò sarà verificabile nella delega alla Trentino Servizi che dovrà curarne la realizzazione), perché non disponiamo di alti forni sufficienti per il trattamento del CDR (prodotto dalla bioessicazione dei rifiuti) e saremo quindi alla mercé di chi dovrebbe ritirarlo e bruciarlo. Recentemente, da talune parti è stata proposta, in alternativa alla termodemolizione della frazione residuale, la bioessicazione dei rifiuti. Tale metodica – nota da molti anni -, in realtà non costituisce una alternativa alla termodemolizione, nemmeno nelle realtà ove è stata sperimentata ed adottata. Essa prevede infatti la separazione dell’umido dal secco e, successivamente il compattamento del secco per essere bruciato (o conferito in discarica, ipotesi da noi non praticabile, se non nel breve periodo, visto che, come tutti sanno, le discariche si stanno esaurendo). Essa tuttavia non è esente da rischi. Anzitutto i gestori, dovendo in ogni caso vagliare il rifiuto per una separazione spinta dell’umido dal secco, potrebbero trascurare l’obiettivo della raccolta differenziata alla fonte. Tale rischio, non solo è da evitare perché diseducativo, ma incide anche sull’obiettivo della riduzione dei rifiuti che si vuole perseguire attraverso la raccolta differenziata alla fonte (produttore) ed al compostaggio domestico dell’umido. In secondo luogo potrebbe indurre a bruciare il combustibile in strutture non adeguate sotto il profilo della massima sicurezza, cui non si vuole rinunciare (ad esempio altiforni industriali). E’ da scartare qualsiasi ipotesi di smaltire in strutture fuori provincia il CDR prodotto dalla bioessicazione, poiché – nella situazione in cui versano le nostre discariche – non vi è alcun margine di sicurezza nel caso in cui il mercato non sia in grado di assorbire il CDR (o imponga costi elevati). Il sistema misto bioessicazione/termodemolizione – salvo una attenta verifica sui futuri costi di gestione che ricadranno sull’utente,con le garanzie sugli obiettivi di raccolta differenziata alla fonte e sulla riduzione dei rifiuti (compostaggio domestico e non solo) può essere valutato serenamente nel confronto che la Giunta provinciale sta avviando con Comuni e Gestori. E’ abbastanza chiaro, tuttavia, che entrambi i sistemi, se correttamente applicati, daranno alla fine risultati analoghi, senza apprezzabili differenze sotto il profilo della sicurezza o dei rischi per la popolazione. Ciò che deve essere garantito – indipendentemente dalla metodica adottata – è che nessun rifiuto riciclabile finisca nell’inceneritore. Questa peraltro è anche una scommessa con i cittadini e con i gestori, poiché l’unica raccolta differenziata che funziona è quelle “porta a porta”, dove il rifiuto è selezionato alla fonte, non a valle della raccolta, come già oggi è dimostrato anche dalla raccolta dei rifiuti in Val di Non. Il mio impegno, come assessore all’ambiente, è rivolto alla raccolta differenziata. Sono ragionevolmente convinta che con il lavoro di tutti, si possa recuperare anche il molto tempo perduto nel decennio passato. Con una avvertenza: la Giunta ha studiano il problema a fondo in questi ultimi tre anni e la soluzione proposta attraverso il Piano non ha molte alternative. Chi oggi dovesse imporre degli stop per studiare ciò che è già stato studiato o per valutare altre improbabili strategie, dovrà assumersene anche la responsabilità sul piano politico e amministrativo. Abbiamo un appuntamento con il 2007, quando le attuali discariche saranno esaurite e tutto il tempo a disposizione è necessario per non arrivare impreparati. Allo stato l’unica emergenza che vedo è che ci si perda ancora in chiacchiere anziché affrontare i problemi. In Trentino abbiamo vinto sfide anche più drammatiche di queste, possibilmente remando tutti nella stessa direzione. Iva Berasi
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IVA BERASI |
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